Che cosa mi ha insegnato un libro sul rimorchio a proposito delle soft skill: l’intervista a Matteo Massironi
Ho conosciuto Matteo Massironi, formatore e coach, su LinkedIn. Cercavo “soft skill” con il motore di ricerca interno, e uno dei primi profili a colpirmi è stato il suo. Questo dovrebbe dirla lunga sul posizionamento, sull’uso delle keyword di ricerca e sull’avere un buon profilo… Nel suo caso, più del fatto che fosse un formatore esperto di sicurezza sul lavoro, mi hanno colpito i contenuti del sito Web Sicurezza Comportamentale. Matteo ha anche un sito personale.
Ho contattato Matteo a abbiamo fatto una piacevole, soprattutto spiazzante conversazione sul tema delle competenze personali. Ho attaccato io: nella prima parte della propria carriera tutti sono spinti a puntare sulle hard skill, solo successivamente si accorgono di quanto sia più importante investire sulla crescita personale. Vedi il seguente grafico:
Quando gli ho chiesto che cosa ne pensasse, mi ha risposto così:
Per me è stato l’esatto contrario: sono partito dalle soft skill, sono uno psicologo. Anzi, tutto è iniziato a 12 anni…
Precoce…
Già, mio padre, medico, me ne parlava. Mi parlava in particolare di un libro.
Libro? Per me la parola magica. Spara il titolo!
“Le vostre zone erronee. Guida all’indipendenza dello spirito” di Wayne W. Dyer.
Come può un libro del genere influenzare un dodicenne?
Beh, ho visto che effetto aveva fatto su mio padre: prima si arrabbiava spesso, poi è diventata la persona più calma del mondo. In pratica non esistevano figuracce o problemi, solo soluzioni e opportunità.
Interessante…
Beh, ma visto che ti piacciono i libri, vuoi sapere quale mi ha cambiato veramente la vita ai tempi dell’università?
Ho già il carrello di Amazon caldo…
“The game. La bibbia dell’artista del rimorchio” di Neil Strauss.
Scusa un attimo: ho capito bene? Un libro per Dongiovanni?
Esatto. Me lo fece un leggere un amico e mi cambiò letteralmente la vita, e non solo in tema rapporti col gentil sesso.
Ah. Ma che cosa c’entra con le soft skill?
Beh, le tecniche per migliorare le proprie relazioni interpersonali – con un pizzico anche di PNL, la programmazione neuro linguistica (non ne sono un fan, ma è la prima volta che ne sentii parlare) – sono soft skill. Da impacciato, e non solo con le ragazze, divenni sicuro di me. Capii che la comunicazione deve essere rivolta più sull’altro che sul sé.
Questo lo dice anche Dale Carnegie…
Esatto! In “Come trattare gli altri e farseli amici” è palese che le soft skill possano essere anche allenate.
Come si traduce tutto questo il ambito lavorativo (ti ricordo che questa è un’intervista su LinkedIn e non sull’amore…)?
Io applico le tecniche apprese in quei libri ogni giorno, anche sul lavoro. Per esempio Carnegie parla di rinforzo positivo: bisogna incoraggiare i comportamenti positivi e migliorare le relazioni con gli altri, tipo i collaboratori, grazie ai complimenti. Ma soprattutto ho imparato una cosa fondamentale.
Quale?
Quando parli non impari, quando ascolti impari.
Torno sempre alla base: come si traduce tutto questo in LinkedIn?
Per me la cosa più importante è puntare su queste soft skill. Però tendo a non esplicitarle: preferisco che siano gli altri a sottolinearle, per questo credo molto nelle segnalazioni. Si dice sempre che online non devi cercare clienti, ma dei fan; io penso invece che devi cercare degli amici: voglio lavorare con chi mi piace. Del resto ce lo insegna il principio di Pareto dell’80-20: il 20% clienti porta l’80% dei problemi.
Cerco di tradurre questa insolita e piacevole intervista in due indicazioni operative fondamentali: costruire una rete proficua e puntare sulle soft skill. Non solo per rimorchiare.
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