Web writing: quattro cose che ho imparato dalla biografia di Stephen King

Mai mi sarei aspettato di scrivere un articolo come questo: un elenco di utili indicazioni sul mio lavoro, sul Web writing, pescate dalla biografia di uno scrittore horror che non risulta tra i miei preferiti. Eppure il libro di Stephen King “On writing”, una biografia camuffata da manuale di scrittura e viceversa, mi ha regalato alcuni spunti davvero interessanti.

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Nel libro ho trovato questa frase:

Giurate solennemente e all’istante che non utilizzerete mai “emolumento” al posto di “mancia” o “John si fermò a defecare” invece di “John si fermò a cagare”

Al limite, scrive King, se non vuoi essere volgare, usa il verbo “liberarsi”. L’indicazione è perfetta, tant’è che l’avevo ritrovata anche in un libro di Severgnini (“L’italiano. Lezioni semiserie”: illuminante, tra gli altri, l’indicazione di sterminare tutti i “che”) e in mille altri manuali di scrittura.

Se puoi usare una parola corta al posto di una lunga, non esitare. In generale, sottolinea King, la regola fondamentale del vocabolario consiste nell’usare la prima parola che ti viene in mente, se è adatta ed efficace.

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Sempre a proposito di scrittura efficace, King intima di eliminare la forma verbale passiva. Anche qui ritrovo un’indicazione sacrosanta. Secondo l’autore di IT forse gli scrittori timidi sono attratti da questi verbi proprio come gli amanti pavidi sono conquistati da partner indolenti. Perché correre rischi? Meglio non ficcarsi nei guai. Probabilmente Gli scrittori insicuri sono anche convinti che la forma passiva conferisca loro un’aurea di autorevolezza, magari addirittura di grandiosità. Forse non hanno torto, a patto di ritenere grandiosi pure i libretti di istruzioni e i documenti legali.
Non solo la forma passiva, ma anche l’avverbio non è tuo amico. Gli avverbi sono quelle parole che modificano verbi, aggettivi o altri avverbi e di solito terminano in “…mente”. Li usa l’autore che teme di non esprimersi chiaramente, di non comunicare adeguatamente: vedi come è pesante quest’ultima frase?

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Bisogna riflettere sul paragrafo, l’unità di testo formata da uno o più periodi. King propone un esperimento. Prendi un romanzo a casa, aprilo a metà. Studia la composizione della pagina, le caratteristiche tipografiche, i margini e concentrati sugli spazi bianchi. Vero che sei già in grado di stabilire, senza leggere, se il volume sarà facile o difficile? Se un libro ha paragrafi brevi, dialoghi corti e molti spazi vuoi è di facile fruizione. La stessa cosa dovrebbe accadere online, dove i paragrafi devono essere di quattro o cinque righe al massimo.

La struttura del testo è importante quanto il contenuto. Il lettore online, che spesso non si considera tale (ma un utente), non legge tutto il testo: lo scandaglia alla ricerca di quello che gli interessa. Guidalo con i titoli dei paragrafi e con le parole chiave in neretto.

Vuoi controllare la leggibilità del tuo testo? Usa questo strumento gratuito online.

Come vedi il paragrafo precedente ha leggibilità media: potrei fare di meglio! 🙂

Se i paragrafi devono essere brevi, le frasi devono essere leggibili. Anch’esse, quindi, brevi: non devono superare le 20 parole, come suggeriva il compianto Tullio De Mauro. Ancora De Mauro diceva che bisogna scrivere come si mangia. Gli fa eco King: il linguaggio non deve sempre presentarsi in giacca e cravatta. L’obiettivo non è la correttezza grammaticale, ma mettere a proprio agio il pubblico e raccontargli una storia, facendogli però dimenticare che la sta leggendo, quando possibile.

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A proposito di storytelling, si è sempre detto: “Show, don’t tell”: mostra, non raccontare. King spiega che non poteva scrivere che l’infermiera di Misery soffriva di disturbo bipolare e che avevi sbalzi d’umore. Se fosse toccato spiegare che quel giorno aveva un’aria felice, o fosse prossima al suicidio, avrebbe fatto cilecca. Invece ha mostrato una donna taciturna, con i capelli sporchi e che si strafogava di dolciumi: ha così lasciato al lettore la conclusione che la donna era in fase depressiva.

Si può fare una cosa del genere online, magari scrivendo un blog? Diamine, sì! Mi è capitato di leggere la storia in prima persona di un possessore di partita IVA che va dal benzinaio e scopre, con suo grande sconcerto, che le schede carburanti non funzionano più. Un ottimo espediente, quello dello storytelling, per raccontare qualcosa di noioso in modo accattivante.

 

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