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Il Maestro Roberto segnala il mio corso sulle bufale

Il Maestro Roberto, all’anagrafe Roberto Sconocchini, ha dedicato un post del suo seguitissimo blog al mio videocorso gratuito sulle bufale online.

Chi è il maestro Roberto?

Roberto Sconocchini, insegnante elementare in ruolo dal 1991 che risiede in provincia di Ancona, è un’autorità nel campo dell’uso dell’informatica nell’insegnamento. Dal 2014 fa parte del team “Tecnologie nello zainetto” per promuovere iniziative di aggiornamento sulle risorse didattiche digitali. Ha un blog seguitissimo, Maestro Roberto, dove raccoglie risorse e spunti sull’insegnamento e la Rete.
Lo scorso 26 agosto ha dedicato un articolo al mio videocorso sulle fake news.

Che cosa ha scritto del mio corso il Maestro Roberto?

Ecco il post che il Maestro Roberto ha dedicato al mio corso sulle bufale online:

Il fenomeno delle bufale sta rappresentando un problema di dimensioni mondiali, capace di incidere in maniera significativa in ogni settore della vita di ciascun individuo.

Dalla politica all’economia, dalla sanità al costume, gli effetti delle fake-news rappresentano lo scotto più pesante che stiamo pagando per aver accesso libero all’universo delle informazioni. Una realtà in cui diventa opportuno disporre delle conoscenze adeguate per poter difendersi dalle “post-verità”.

Gianluigi Bonanomi, giornalista e formatore che lavora molto con scuole e genitori sulla Media education, ha realizzato un videocorso, accessibile gratuitamente, che guida al riconoscimento delle fake news e rappresenta una sorta di vademecum alla scoperta degli strumenti necessari (siti, app, trucchi) per combattere bufale e inganni del mondo digitale.

Per accedere al videocorso su come difendersi dalle bufalecliccate qui

 

Guarda il mio videocorso sulle bufale

Per guardare il videocorso gratuito sulle bufale fai clic qui oppure sull’immagine qui sotto:

Social media: privacy, sicurezza e lati oscuri a Nessun Dorma (Espansione TV)

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Perché i nostri dati sono così preziosi? Quando e come li cediamo? Come proteggerli? Venerdì 23 marzo 2018 ho avuto il piacere di partecipare alla puntata di Nessun Dorma su Espansione TV dedicata al tema Privacy insieme a Riccardo Saporiti, giornalista collaboratore di Wired Italia, Gianluca Lombardi di Mondoprivacy,  e Luca Ganzetti, responsabile dell’azienda di sicurezza informatica Waylog, con cui abbiamo dato risposta a queste e altre domande.

Il video del mio intervento

In particolare ho parlato di nativi digitali, sharenting, social network e privacy, reputazione online, bufale, digital detox, fomo e rischi legali. Qui puoi vedere il video con i miei interventi:

Il link all’intera puntata

Ecco il link alla puntata intera: https://goo.gl/WSuZmk

Bufale online: che cos’è la legge di Brandolini?

Sull’autorevole rivista Nature, Phil Williamson ha scritto:

Most researchers who have tried to engage online with ill-informed journalists or pseudoscientists will be miliar with Brandolini’s law (also known as the Bullshit Asymmetry Principle): the amount of energy needed to refute bullshit is an order of magnitude bigger than that needed to produce it. Is it really worth taking the time and effort to challenge, correct and clarify articles that claim to be about science but in most cases seem to represent a political ideology?

In parole povere la legge di Brandolini, che in realtà ha un altro nome meno elegante (che ti svelo nel prossimo paragrafo), dice che lo sforzo richiesto per sbugiardare una bufala online è notevolmente maggiore rispetto allo sforzo per crearla.

Williamson chiude con una domanda: vale la pena affrontare la sfida, prendersi la briga di lottare contro la disinformazione soprattutto in un Paese come il nostro, pieno zeppo di analfabeti funzionali (vedi qui un approfondimento) e di persone che vivono dentro la loro bolla di conferma? La risposta, per Williamson e per molti altri, è sì. Anche se gli sforzi non sono ripagati immediatamente, e la fatica è tanta, ma qualcuno, da qualche parte, leggerà la verità. E allora ne sarà valsa la pena.

La genesi della legge di Brandolini

Tornando alla legge di Brandolini, qual è la sua genesi? La legge, che recita testualmente “L’ammontare di energia necessaria a confutare una ca**ata è di un ordine di magnitudine superiore a quella necessaria a produrla”, è opera di Alberto Brandolini (qui il suo account Twitter), programmatore italiano, che nel 2013 diventò virale sul Web americano proprio con questo “principio di asimmetria della ca**ata.

A quanto pare, Brandolini fu ispirato dalla lettura di Daniel Kahneman, economista e psicologo vincitore di un premio Nobel. Dopo aver letto il suo bestseller “Pensieri lenti e veloci”, leggenda narra che Brandolini mise a punta la sua legge dopo aver guardato un dibattito tra Silvio Berlusconi e Marco Travaglio.

Ripercorrendo gli insegnamenti della psicologia del pensiero e dei processi decisionali si può sostenere che, per una persona che abbia già un certo tipo di credenze, sia molto facile cadere nella trappola di una notizia falsa che rafforza le stesse credenze (in gergo si parla di “confirmation bias”; qui altri nove bias che favoriscono le fake news). Esempio tipico: chi crede che gli immigrati siano pericolosi non farà altro che cercare notizie a conferma di questa ipotesi. E quando una notizia falsa (“un immigrato ha stuprato una donna”) viene smentita, molto difficilmente crede a tale smentita, o comunque le credenze non verranno modificate (“se anche non fosse successo stavolta, comunque succede continuamente”).

Per approfondire il tema delle fake news

Puoi acquistare il libro che ho scritto con altri tre colleghi sulle bufale online direttamente su Amazon:

Bufale online: come smascherare un video fake

Se per le foto esistono molti strumenti che permettono di smascherare i falsi – e ne ho parlato diffusamente nell’articolo Bufale on-line: come scoprire se una foto è falsa – per i video le cose si complicano. Eppure uno strumento online e gratuito c’è, si chiama YouTube DataViewer ed è stato messo a punto da Amnesty International, l’organizzazione internazionale che lotta contro le ingiustizie e in difesa dei diritti umani nel mondo.

DataViewer estrare tutti i dati possibili sul video, compresa la data di prima pubblicazione. Inoltre confronta le anteprime con quanto trovato in Rete: in pratica questo strumento analizza i fotogrammi generati per l’anteprima e, accanto a ognuno, mette a disposizione un link che consente di avviare la ricerca con Google Images. In pratica, quindi, il meccanismo di controllo è simile a quello che abbiamo visto per le foto.

Per controllare i metadati dei video si può usare anche un software gratuito chiamato MovieScanner: per ciascun video sono mostrate informazioni quali aspect radio, risoluzione, dimensione, formato, codec audio e video, canali audio, lingua e lingue disponibili per i sottotitoli. Ancor meglio è JPEGSnoop che, a dispetto del nome, non serve per ricavare i metadata solo delle foto, ma anche dei video.

 

NOTA: Questo testo fa parte del libro Manuale per difendersi dalla post-verità, scritto a otto mani con Pilla, Dolce e Giacomello ed edito da Ledizioni. Il volume, inserito nella mia collana “Fai da tech“, parla di bufale online. In particolare ho curato la parte su come riconoscere le news false su Internet e sui social e un’intervista a Ermes Maiolica (che potete leggere qui). Per acquistare il libro, fate clic sul link qui sotto:

Bufale on-line: come scoprire se una foto è falsa

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Spesso la parte più importante della bufala on-line, dopo il titolo (il 70% degli utenti di Facebook legge solo il titolo di quello che condivide), è la fotografia. Peccato che a volte sia falsa, ritoccata o rubata. Ecco una serie di strumenti per scoprirlo.

Quando una foto non ci convince, la prima cosa da fare è cercarla su Google. Trovare un’immagine partendo da una ricerca testuale è un gioco da ragazzi. Più difficile fare il contrario. Google permette di scoprire, foto alla mano, da dove viene. Basta “uploadare” (caricare online) l’immagine, o segnalarne l’URL se l’abbiamo trovata online, su http://images.google.com (o www.google.it/imghp), usando il comando “Ricerca tramite immagine”, rappresentato dall’icona di una macchina fotografica. Dopo il caricamento, Google restituisce l’elenco delle immagini trovate, anche con risoluzione e dimensione diverse. Segnala anche le immagini simili.

È possibile automatizzare questa operazione utilizzando delle estensioni del browser. Nel caso di Chrome, il browser di Google, possiamo usare “Search by Image (by Google)”, che troviamo su Chrome Store. Per Firefox è disponibile il componente aggiuntivo “Google Search by Image”.

Esempi d’uso della ricerca inversa di Google

Per fare un esempio, sarebbe bastata una ricerca inversa per dimostrare che la seguente foto, associata alle rivolte catalane, in realtà era stata ritoccata, con l’aggiunta della bandiera:

Altro caso del 2021: sui social circola l’immagine di una BMW sommersa dall’acqua durante le inondazioni in Germania: si nota, sul lunotto posteriore, la scritta “Fuck you Greta”.

Non sembra vero di poter farsi beffa di un negazionista del surriscaldamento globale. Peccato che, anche in questo caso, bastasse una ricerca inversa per imbattersi in un tweet che dimostrava la manipolazione:

Anche Il Post ha dedicato un articolo a questo caso: La foto dell’auto tedesca con l’adesivo “Fuck You Greta” è falsa.

Lo strumento della ricerca inversa, tra parentesi, è utilissimo anche per scoprire se la ragazza francese tanto carina che ci sta chiedendo l’amicizia su Facebook è quello che dice di essere. Basta verificare da dove viene la foto usata per il profilo: quasi certo un sito di vendita di foto in stock o, peggio, da un sito di escort on-line.

L’ex presidente del consiglio Conte avrebbe dovuto usare questo strumento…:

Le alterative RevEye e TinEye

RevEye, plug-in di Google Chrome, fa la stessa cosa, con la differenza che consente cercare anche nei database di TinEye (motore di immagini che tra l’altro permette la ricerca inversa), Yandex, Baidu e Bing.

Lo strumento per professionisti: Fotoforensics

Un strumento utile ma complesso, perché dedicato ai professionisti, è Fotoforensics: restituisce informazioni sul file quali Digest (le caratteristiche tecniche della foto, per esempio dimensione e informazioni sui colori RGB), ELA (analisi del livello di errore: se l’immagine non è omogenea è a rischio manomissione), JPEG % (qualità dell’immagine) e Metadata (la carta d’identità di un file: nelle immagini ritoccate i file sono riscritti). Per vedere un esempio d’uso di questo tool, aprite l’immagine che si trova a questo indirizzo: http://imgur.com/gallery/eibEB; viene evidenziato chiaramente che una foto di Obama è stata alterata.

Il controllo dei metadata

Sempre a proposito di controllo dei metadata, detto che spesso è sufficiente spulciare tra le proprietà del file con un colpo di tasto destro in Windows, suggeriamo l’utilizzo dello strumento Jeffrey’s Exif Viewer: anche in questo caso possiamo scoprire tutta una serie di dati tecnici relativi allo scatto, come l’ora, la qualità, le impostazioni della macchina fotografica, la marca e altro ancora. In particolare, rispetto agli altri strumenti della stessa categoria, Jeffrey’s Exif Viewer si contraddistingue per essere in grado di mostrarci i dati EXIF per praticamente tutti i formati di file; l’immagine da passare ai raggi X può essere caricata dal PC oppure possiamo semplicemente indicarne l’URL, se è già on-line. È inoltre possibile usare un bookmarklet, una specie di scorciatoia da mettere nei preferiti del browser, in modo da avere questo strumento sempre a portata di clic.

A caccia di fake con l’iPhone

Se la foto è stata scattata con un iPhone, per accedere ai metadati delle immagini possiamo scaricare una app chiamata Photo Investigator (Investigatore Foto nella versione italiana), che può essere scaricata gratuitamente da App Store. L’app permette di accedere a tutti i metadati disponibili: ora, luogo, fotocamera usata, ma non solo: nella versione a pagamento consente anche di rimuovere o modificare i dati GPS della foto, didascalia e marca temporale (Esiste anche un blog che spiega il funzionamento di Foto Investigator: www.photoinvestigator.co); rivela anche se una foto è stata modificata e con quale app. Esiste anche una app simile per le foto scattate con Android: si chiama Photo Exif Editor.

Un approfondimento: come sconfiggere le fake news con la tecnologia?

NOTA: Questo testo fa parte del libro Manuale per difendersi dalla post-verità, scritto a otto mani con Pilla, Dolce e Giacomello ed edito da Ledizioni. Il volume, inserito nella mia collana “Fai da tech“, parla di bufale online. In particolare ho curato la parte su come riconoscere le news false su Internet e sui social e un’intervista a Ermes Maiolica (che potete leggere qui). Per acquistare l’eBook, fate clic sul link qui sotto:

Ermes Maiolica, l’ultimo dei situazionisti

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“Volkswagen.Italia regala 800.000 auto per San Valentino”: peccato per quel punto tra Volkswagen e Italia. “Umberto Eco voterà sì al referendum costituzionale”: peccato che l’intellettuale, buonanima, non sia più tra noi dal febbraio 2016 mentre il referendum si è tenuto dieci mesi dopo. Sono solo alcuni degli exploit di Ermes Maiolica (sotto, nella foto), ormai unanimemente considerato il bufalaro numero uno in Italia (ma lui si definisce “l’ultimo dei situazionisti”). Trentatreenne, operaio di Terni, lo abbiamo contattato per fargli tre semplici domande.

Ermes, perché crei le bufale online?

“Innanzi tutto non è molto importante il perché, ma il come. Il perché potrei anche inventarmelo, invece il come è oggettivo. Solo capendo il come si potranno prendere provvedimenti, cosa che invece non capiscono Pitruzzella e Grillo, che puntano su un organo di controllo o una sorta di giuria popolare per smascherare le bufale.

Ultimamente si registra un’isteria di massa sulla parola ‘post-verità’, soprattutto da parte delle istituzioni. Perché non si capacitano del fatto che le informazioni non siano più gestite da TV, giornali o siti ufficiali, ma da testate goliardiche e siti fantasma. Mi spiego meglio: una bufala che funziona non ha bisogno di canali ufficiali di divulgazione. Anzi, funziona meglio se viene dal basso. Basta un profilo Facebook, anche con pochi amici. Nel giro di qualche ora una bufala è in grado di diventare la notizia più letta del Paese. Giustamente il Potere si sente minacciato da tutto questo; chi detiene l’informazione controlla le masse: questo si traduce in potere”.

Come hai iniziato?

“Ho iniziato per gioco. Il mio hobby è quello di fare stampe su magliette, così mi consigliarono di iscrivermi a Facebook (questa la pagina Facebook di ErmeX T-Shirt, ndr). Ci ho messo poco a capire che Facebook è un luogo di sfogo e narcisismo, così ho iniziato a prendere in giro la gente (in gergo ‘trollare’, ndr) nei gruppi, postando false citazioni dei politici. Tutti ci cascavano! Ricevevo migliaia di commenti indignati e questo mi faceva ridere. Il massimo era quando le citazioni fasulle finivano nei siti ‘seri’ di controinformazione, divenendo presto virali. Da lì ho iniziato a farmi delle domande, cercando di capire il meccanismo, e lo sto perfezionando. Ora la cosa è letteralmente esplosa…”

Qui parliamo non tanto di come si creano, ma di come disinnescare le bufale: tu come ti difendi da quelle altrui?

“Nella maggior parte dei casi le bufale sono talmente banali che basta davvero poco: l’analisi del link del provenienza spesso dice tutto. La cosa più importante, ci tengo a dirlo, è non interagire: non commentare, non condividere. La bufala non nasce con l’idea dell’autore, ma con la propagazione.”

Questa intervista è stata realizzata per il libro “Manuale per difendersi dalla post-verità“. Il libro – che ho scritto a otto mani con Pilla, Dolce e Giacomello – è inserito nella mia collana “Fai da tech” ed è disponibile sia in formato cartaceo che in eBook. Potete acquistarlo su Amazon: