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Natale e digital detox: la mia intervista per Affaritaliani.it

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Il 16 dicembre 2019 sono stato intervistato dal portale Affaritaliani.it in merito alla questione digital detox per commentare i dati di una ricerca di Groupon.

Ecco il contenuto della mia breve intervista:

COME LIBERARSI DALLA DIPENDENZA DELLO SMARTPHONE?
Lo abbiamo chiesto a Gianluigi Bonanomi, formatore digitale che – oltre a lavorare presso le aziende e nella comunicazione politica – viene sempre più spesso ingaggiato per corsi riguardanti i pericoli del web. Tra questi ritentra la dipendenza dallo smartphone, questione che va affrontata con grande serietà.

“Il tema del benessere digitale – o il contraltare techno-stress – sarà sempre più un’emergenza, a partire anche da questo Natale”, spiega Bonanomi.

“Tutta la tecnologia che ci circonda sta provocando un indubitabile sovraccarico che, in molti casi, provoca appunto stress. Non a caso molte aziende stanno giù correndo ai ripari con corsi e provvedimenti in favore del benessere digitale”.

“Ma in famiglia? Molti iniziano a porre delle regole: niente tecnologia a tavola, in camera da letto, durante lo sport e i giochi in famiglia e così via. Esistono proposte commerciali, viaggi digital detox, anche per il Natale: soggiorni tech-free che rappresentano un vero lusso, visti soprattutto i costi. Stiamo vivendo la stessa parabola del cibo: all’inizio chi poteva permetterselo viveva il Natale con pranzi luculliani e cibo senza limiti, ora il vero lusso è mangiare sano e bio anche sotto l’albero. Quanti possono permettersi di rinunciare, a pagamento, alla tecnologia?”.

Benessere digitale: la soluzione è davvero il digital detox?

Articolo pubblicato il 28 settembre 2018 su Agendadigitale.eu

Ci sono molti buoni motivi per prendersi dei break dalla tecnologia, nella vita privata ma anche in azienda, dove la digitalizzazione ha portato alcuni effetti collaterali come il tecnostress e l’eccessiva frammentazione dei tempi di lavoro. Qualche dato per riflettere e le possibili soluzioni per combattere la dipendenza

Sono poche le persone che soffrono un vera dipendenza da smartphone e internet, a “livello ricovero” per capirci. Ma sono tantissime quelle che iniziato ad avere un vero problema di gestione della tecnologia che le circonda, tanto da aver modificato radicalmente le proprie abitudini di vita, sociali e lavorative per colpa di smartphone e schermi vari.

Si parla sempre più spesso di benessere digitale (digital wellbeing), anche in azienda, fino addirittura arrivare al digital detox, disintossicazione dal digitale. Facciamo il punto della situazione.

I numeri del fenomeno

Nel libro Digital Detox di Alessio Carciofi si citano tantissime statistiche riguardo a questo fenomeno. Segnalo quelle più impressionanti (le altre le trovi qui “Dipendenza da smartphone: 15 statistiche incredibili”):

  • Veniamo interrotti ogni 180 secondi. Le distrazioni consumano il 28% della nostra giornata.
  • Lavoriamo due ore in più per recuperare il tempo perso tra notifiche, gruppi Whatsapp, mail e conferenze call.
  • Il 68% degli italiani guarda lo smartphone anche se non ci sono notifiche.
  • Uno studio Microsoft ha rilevato che, una volta interrotti da una notifica email, i lavoratori impiegano 24 minuti per tornare proficuamente al compito sospeso.
  • Una ricerca Cisco rivela che 3 utenti su 5 trascorrono più tempo libero con lo smartphone che con il proprio coniuge.
  • Nove persone su dieci soffrono della sindrome della vibrazione fantasma (fonte Ansa).
  • Non riusciamo ad allontanarci dallo smartphone per più di 20 centimetri.
  • Negli usa 1000 persone sono rimaste ferite perché camminavano a testa bassa con il cellulare.
  • Tre incidenti stradali su quattro sono causati da distrazione, sempre più per colpa dello smartphone. Guardare il telefono vuol dire distrarsi, e guidare bendati, per 10 secondi, 110 metri.

Le soluzioni proposte dai big del Web

Facebook, Apple e Google godono di grande popolarità, sono tra le aziende più amate del mondo. Fanno sognare, ispirano, migliorano la vita. Ma, se parliamo di benessere digitale, sono sul banco degli imputati. Per questo hanno deciso di prendere la questione di petto e offrire possibili soluzioni al problema.

Per esempio YouTube dà una mano a capire quanto tempo si trascorre online tra i suoi video, grazie a uno strumento disponibile nel menu del proprio account (facilmente raggiungibile da app): monitora quanto tempo è stato impiegato a guardare i video il giorno stesso, quello prima e negli negli ultimi 7 giorni. Si può addirittura impostare anche un limite, chiedere di ricordare di fare una pausa.

E gli altri? Facebook ha messo a punto un contatore che dice quanto tempo passiamo sul social. Lo stesso ha fatto Apple con l’iPhone.

Due app per combattere la dipendenza da smartphone

Oltre alle soluzioni presentate dai big, esistono delle applicazioni specifiche per combattere la dipendenza da smartphone.
La prima è Moment ed è molto interessante perché fa leva su una dimensione social – quindi non più privata – dell’esperienza d’uso e di abuso dello smartphone: è possibile configurare l’applicazione affinché mandi un alert, un avviso, a parenti e amici nel momento in cui si esagera con l’uso.
L’altra app degna di menzione è HabitLab, disponibile anche per Chrome. Partorita dall’università di Stanford è un collettore di molti strumenti per limitare l’uso di servizi e siti popolari: per esempio Amazon per gli acquisti compulsivi e Netflix per il binge watching. In concreto l’app permette di bloccare video virali e i clickbait su Facebook, avverte quando esageriamo o rischiamo di perdere il controllo.

Il digital detox

C’è chi considera le soluzioni sopra esposte troppo blande e chiede un vero e proprio ritorno alla stato di natura per evitare il bournout digitale (esaurimento da tecnologia). O comunque una disintossicazione dalla tecnologia, anche temporanea: il cosiddetto digital detox.

Perché prendersi dei break dalla tecnologia? I motivi sono diversi, secondo il già citato libro di Carciofi:

  • migliorare l’attenzione sul lavoro, dove è richiesta la focalizzazione;
  • avere spazio per sognare (o, perché no, annoiarsi);
  • incontrare persone senza distrazioni (per esempio a pranzo);
  • leggere libri o scrivere un diario;
  • godere della natura;
  • prendersi una pausa dallo stress;
  •  riflettere su se stessi.

Nel libro si propone anche programma del “digital felix” che punta tutto sui concetti di rallentamento, riduzione all’essenziale, riconsiderazione delle priorità e, soprattutto, di un tornare a puntare su se stessi e sul proprio benessere. Anche spirituale.

Il benessere digitale in azienda

Il processo di digitalizzazione nelle aziende, spinto anche da iniziative come Industry 4.0, rischia di portare con sé alcuni effetti collaterali, come il tecnostress e l’eccessiva frammentazione dei tempi di lavoro, che possono tradursi in minor produttività aziendale e insoddisfazione dei lavoratori.

Il tema del benessere digitale in azienda è sempre più sentito, tanto che i corsi sull’argomento vengono tenuti regolarmente per le RSPP (Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione).

Quali le soluzioni per il tecnostress in azienda?

Nel corso di un seminario tenuto presso l’Università Bicocca di Milano lo scorso 10 aprile 2018, ho ipotizzato quattro tipi di soluzioni, derivanti dall’incrocio di quattro variabili. Soluzioni tecnologiche o culturali? Soluzioni individuali o collettive?
Ecco i quattro tipi di soluzioni risultanti.

  • Soluzioni tecnologiche individuali: un esempio può essere la tecnica del pomodoro, usare cioè uno stratagemma per concentrarsi ed equilibrare lavoro e pause, ma soprattutto per restare focalizzato e non farsi distrarre da notifiche e alert. In pratica quando si lavora si mette il telefono in pausa.
  • Soluzioni tecnologiche collettive: l’uso di uno strumento come Slack permette, come promette l’azienda (vuole ammazzare le email), di abbattere il numero di messaggi di posta elettronica e lavorare meglio in team.
  • Soluzioni culturali individuali: qui si parla di trucchi di nudging, per esempio impostando lo smartphone su scala di grigi si è molto meno invogliati a usarlo.
  • Soluzioni culturali collettive: stabilire delle policy d’uso di questi strumenti, come per esempio il divieto di inviare email fuori dall’orario di lavoro (cosa peraltro proibita in Francia).

In generale il benessere digitale sarà il grande tema dei prossimi anni. Ora che hai letto questo articolo, ti consiglio di prenderti una pausa: spegni il PC o riponi lo smartphone.

Tecnostress in azienda: quali soluzioni?

Lo scorso 10 aprile 2018 ho partecipato a un convegno sul tecnostress in Bicocca con un intervento dal titolo “Soluzioni tecniche, cognitive e culturali per ridurre il tecnostress in azienda” (vedi qui sotto slide e commento).

Quali erano quelle soluzioni?
Le soluzioni per ridurre il tecnostress, e per andare verso un benessere digitale in azienda, sono di quattro tipi. Ipotizzando una matrice a quattro quadranti, da una parte dividiamo le soluzioni in individuali e collettive, dall’altra parte in tecniche e psicologiche o culturali. L’incrocio di queste voci dà origine, appunto, a quattro tipi di soluzioni. Nelle prossime righe riporterò un esempio per quadrante.

Soluzioni personali di tipo tecnico

Per combattere il tecnostress e focalizzarsi sul lavoro è possibile sfruttare la tecnica del pomodoro: ideata da Francesco Cirillo negli anni Ottanta, deve il suo nome a quel famoso timer a forma di pomodoro un tempo usato in cucina. Grazie al timer ci si concentra sul lavoro per 25 minuti, per poi fare cinque minuti di pausa. Ogni quattro cicli si fa una pausa più lunga, un quarto d’ora o mezz’ora. Esistono diverse app per questo metodo, ma basta il cronometro dello smartphone.
Allo stesso modo si possono usare filtri alle chiamate o la modalità aereo.

Soluzioni personali di tipo culturale

Fatevi un regalo: compratevi “Nudge. La spinta gentile” del premio Nobel dell’economia Thaler. Parla del nudging, il pungalamento: “rinforzi positivi e suggerimenti o aiuti indiretti possono influenzare i motivi e gli incentivi che fanno parte del processo di decisione di gruppi e individui”. Un esempio che si trova nel libro: invertendo le voci di menù di una mensa scolastica, i ragazzi mangiano più verdura.
Che cosa c’entra con il tecnostress? Provate a impostare il display del vostro telefono sulla scala di grigi. Vi passerà la voglia di usarlo, non più condizionati da stimoli visivi e dal design “diabolico” di sistema operativo e app.
Per approfondire il tema suggerisco di leggere l’articolo di State of Mind “Digital Detox: nudging e uso consapevole dello smartphone”.

Soluzioni collettive di tipo tecnico

Oltre alla tecnologia “imposta” dal datore di lavoro, ogni lavoratore porta in ufficio anche la propria. Il fenomeno è talmente rilevante da meritarsi un acronimo: BYOD (bring your own device). Mi capita spesso di visitare aziende dove ogni lavoratore usa strumenti personali, e app personali, per lavorare: WhatApp per inviare documenti, Gmail per ricevere preventivi e così via.
Una soluzione potrebbe essere quella di adottare piattaforme come Slack o Trello: strumenti unificati, dedicati ai gruppi di lavoro, per gestire posta, chat, flussi di lavoro, documenti condivisi e altro ancora. Strumenti indispensabili se vogliamo iniziare a parlare seriamente di smart working.

Soluzioni collettive di tipo culturale

Dal 2017 in Francia è scattato il “diritto di disconnessione”: una norma che obbliga le aziende con più di 50 dipendenti a negoziare con i lavoratori il diritto a non rispondere a mail e telefonate al di fuori degli orari di lavoro (vedi articolo su La Stampa).
Quando faccio consulenza nelle aziende per la comunicazione digitale, faccio fare due policy: una esterna, per regolare le interazioni dei clienti sui canali social dell’azienda, e una interna, per regolamentare l’uso degli strumenti di comunicazione digitale da parte dei dipendenti. Si potrebbe integrare la policy interna con una serie di norme che regolino l’uso degli strumenti digitali: non solo le mail, ma anche le chat, le conference call, i Web meeting e altro ancora.

Se vuoi organizzare un convegno sul tema o un corso sul benessere digitale e la gestione del tecnostress nella tua azienda, contattami:

Digital Detox, tecnostress e benessere digitale in azienda: le soluzioni (convegno in Bicocca del 10/4/18)

Lo scorso martedì 10 aprile, presso l’Università degli Studi Milano-Bicocca di Milano, ho partecipato a un convegno dal titolo: “DIGITAL DETOX IN AZIENDA. QUALI SOLUZIONI PER UNA DIGITALIZZAZIONE SOSTENIBILE?”, organizzato dal Gruppo MaUnimib, nell’ambito dei Master in Management per lo sviluppo del Capitale Umano (MACU), il Master in Management e Digital Innovation (MADIM) e del Corso di Laurea Magistrale in Management e Design dei Servizi (MAGES).

Si partiva dal presupposto che il processo di digitalizzazione nelle organizzazioni rischia di portare con sé alcuni effetti collaterali, come il tecnostress e l’eccessiva frammentazione dei tempi di lavoro, che possono tradursi in minor produttività aziendale e insoddisfazione dei lavoratori.

Nel corso del Seminario – che ha visto anche la partecipazione di Marco Gui (Ricercatore, Università degli Studi di Milano Bicocca), Marco Fasoli (Assegnista di Ricerca, Università degli Studi di Milano Bicocca) e Samanta Gubellini (Manager Area People&Change, SCS Consulting), ho tenuto un intervento dal titolo “Soluzioni tecniche, cognitive e culturali per ridurre il tecnostress in azienda“.

In questo video potete rivedere il mio intervento, con le mie slide:

Per informazioni sul tema del benessere digitale in azienda e per organizzare un convegno o corso sul tema, scrivimi.

 

Social media: privacy, sicurezza e lati oscuri a Nessun Dorma (Espansione TV)

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Perché i nostri dati sono così preziosi? Quando e come li cediamo? Come proteggerli? Venerdì 23 marzo 2018 ho avuto il piacere di partecipare alla puntata di Nessun Dorma su Espansione TV dedicata al tema Privacy insieme a Riccardo Saporiti, giornalista collaboratore di Wired Italia, Gianluca Lombardi di Mondoprivacy,  e Luca Ganzetti, responsabile dell’azienda di sicurezza informatica Waylog, con cui abbiamo dato risposta a queste e altre domande.

Il video del mio intervento

In particolare ho parlato di nativi digitali, sharenting, social network e privacy, reputazione online, bufale, digital detox, fomo e rischi legali. Qui puoi vedere il video con i miei interventi:

Il link all’intera puntata

Ecco il link alla puntata intera: https://goo.gl/WSuZmk

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