Un esempio di gamification non digitale: la escape room nel museo
Dopo aver scritto un articolo (e girato un video) sulla gamification nella comunicazione online (leggi qui l’articolo “Gamification nella comunicazione digitale: 5 esempi”) sono andato a caccia di esempi di gamification nel mondo offline. E ho trovato un esempio molto interessante: una escape room in un museo. Si tratta dell’iniziativa del Museo Africano di Basella di Urgnano, in provincia di Bergamo. Ho fatto alcune domanda al direttore Flavio Pessina.
Come è nata l’idea di associare l’escape room, solitamente associata ai giochi e al team building, al tuo museo africano?
Il nostro museo dispone di due modelli indipendenti di escape room: una fisica e una virtuale.
Il gioco nasce dalla consapevolezza che la sala arte e la didattica digitale annessa è poco appetibile per le scuole primarie e secondarie in visita, se messa a confronto con i giochi di ruolo nel villaggio. D’altro canto la settantina di opere esposte richiede un’innovazione di prodotto se si vuole dar loro vita suscitando maggior interesse da parte dei visitatori. Infine è determinante l’incontro con Giuliano Gaia di Invisible Studio, che alla vista del villaggio esclama entusiasta: “Questi scenari sarebbero l’ideale per attività di team building”.
Tutti questi fattori mi portano, nella tarda estate dello scorso anno, a raccogliere nel Web materiale informativo e a preparare la prima escape room. Avendo maturato un’esperienza quasi ventennale di attività di didattica museale per le scuole dell’obbligo e di centri estivi, mi viene spontaneo partire da loro e complicare poi enigmi e percorsi anche per giovani ed adulti.
D’altro canto il museo dispone di due soli ampi spazi espositivi da 225 mq, tra loro comunicanti, quindi capisco che, a differenza delle classiche escape room a 5-8 giocatori, posso e devo progettare un gioco per gruppi di partecipanti, corrispondenti a quelli delle altre attività nelle due sale, vale a dire 40-45 persone.
In questa logica non ci sarà una squadra vincente, ma sarà tutto il gruppo a riuscire o fallire nel tentativo di uscire dal museo nel tempo prestabilito. I/le partecipanti, divisi in squadre da 4-5 persone ciascuna, sono chiamati a risolvere enigmi per scoprire il legame tra gli oggetti esposti e le storie “verosimili” di 10 personaggi archetipi del villaggio o del mondo africano: la vasaia, la sacerdotessa, la consigliera, la guaritrice, l’ostetrica, il cantastorie, il capo villaggio, il re, il commerciante, lo scultore.
Ogni enigma/oggetto è legato a sei diversi fasi della vita: nascita, infanzia, giovinezza, età adulta, età anziana, oltre la morte. La narrazione e le domande risposte sono dei moduli Google da fruire attraverso i tablet e la rete wifi del museo.
Trovi un esempio in questo post di Linkedin (è una prima versione ora migliorata)
Al termine dei sei passaggi ogni squadra deve sbloccare uno scrigno contenente una parola che, combinata con tutte le altre, formano un proverbio. Il proverbio, inserito correttamente nel lucchetto digitale, mostra come sbloccare la porta radar di uscita dal museo.
Abbiamo già giocato con gruppi di 4° e 5° con 40-45 giocatori in contemporanea, con scuole medie e prima del blocco per Covid19 eravamo pronti al primo test della versione per adolescenti, adulti e giovani.
E la seconda modalità, quella virtuale?
L’escape room virtuale del museo nasce da un progetto più ampio ancora in fieri: mettere in rete alcuni musei virtuali amici, sia italiani che africani.
Come nel film “I guardiani del destino” (con Matt Damon ed Emily Blunt) l’idea è quella di partire dentro ad un museo, ma aprendo porte virtuali attraverso lucchetti digitali (come quello presente nell’attuale versione in linea attivabile dall’hotspot chiamato USCITA), “saltare” a Bobo Dioulasso in Burkina Faso, a Milano al Museo Arte e Scienza, a Roma al museo Pigorini, a Douala o a Bafoussam in Camerun, al museo dell’Ifan di Dakar e così via.
Questo presuppone ovviamente la creazione di una partnership con questi musei, le foto panoramiche da parte loro, la redazione delle schede informative delle opere ed il montaggio del tour da parte mia.
Poi il blocco delle scuole mi ha portato a chiedermi: cosa può fare il museo africano per le scuole in questo periodo di Didattica A Distanza? Cosa posso fare io?
Ho quindi iniziato a realizzare una versione per scuole superiori che potete vedere qua: escape room virtuale per scuole superiori.
All’interno di questo tour si possono fare due cose:
- esplorare virtualmente la sala arte del museo, leggere le info per ogni opera e, se si vuole saperne di più, continuare ad approfondire attraverso la guida on line guidamuseoafricano.it;
- muoversi tra le sei diverse viste della sala per raccogliere i 12 indizi nascosti che formano la chiave finale per uscire dal museo.
Va da sé che il museo reale ha anche altri ambienti: il villaggio, in primis. Per quello ci sono già delle riprese panoramiche, ma al momento non è ancora stato costruito un tour che lo comprenda. Ci arriverò, ma il concept è sempre quello di informare e divertire, quindi sarà ancora attraverso un’escape room o una caccia al tesoro, vedremo…
Torniamo per un momento al mio campo: lato comunicazione digitale, qual è il contenuto social che funziona di più per voi?
Sono attivo in LinkedIn da un paio di anni e insieme all’amico Marcello Cenati ci divertiamo a cercare e sperimentare soluzioni sempre innovative in ambito di didattica digitale. Diverse sperimentazioni diventano spesso delle innovazioni di processo e di prodotto delle attività di didattica museale, di cui rendo conto attraverso dei post. In altre parole: soluzioni per le scuole e per altri musei. La stessa cosa avviene nei gruppi tematici Facebook “Musei e social media”, “Museologia” e “Didattica museale”, ma in questo caso reach ed engagement sono più bassi. A molti partecipanti non interessa il confronto, ma solo promuovere le proprie attività. Per questo nell’ultimo anno sono ormai quasi stabilmente solo su LinkedIn.
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