Il primo smartphone: a che età?
[Articolo pubblicato sulla rivista e sul sito di Giovani Genitori]
L’Italia è al primo posto in Europa per diffusione di telefoni cellulari e i bambini lo usano in età precocissima. I pediatri dicono che bisogna limitarne l’uso e non regalarlo prima dei 10 anni di età, ma da quel momento tutto pare permesso, al punto che è raro trovare undicenni o dodicenni senza smartphone. Sul cellulare la prima app che scaricano è Instagram (snobbano Facebook per non incrociare noi genitori e i nonni o gli insegnanti),anche se l’età minima d’uso sarebbe di 13 anni. E immediatamente dopo arriva WhatsApp, dove l’età minima sarebbe di 16 anni (lo sapevate?). Nelle scuole elementari molti bambini di 9, 10 anni hanno già in tasca questi strumenti potentissimi. È un bene o un male? Esiste una età minima per dotare i ragazzi di un telefonino?
Belle domande
Il fatto che i bambini siano online in età sempre più precoce è un dato di fatto. Lo dicono i dati: la più autorevole fonte europea sul tema, la ricerca EU Kids Online (www.lse.ac.uk/media@lse/research/EUKidsOnline), dimostra che negli ultimi anni ci sia stato un boom delle connessioni a Internet anche per i bambini sotto gli 8 anni. La maggioranza dei piccoli tra i 6 e gli 8 anni ha accesso alla rete. E questo ormai dal “lontano” 2007. Chiunque tra noi adulti ha sperimentato la miglior confidenza che i “nativi digitali” hanno nell’uso delle interfacce touch di smartphone e tablet. Il problema è che spesso mancano di competenze. Per esempio, non sanno cosa sia la netiquette, vale a dire non conoscono le regole minime di buon comportamento nelle interazioni in rete.
Come si connettono?
A detta di uno dei maggiori esperti italiani del tema, Paolo Ferri: “I nativi considerano le tecnologie digitali come elemento naturale del loro ambiente di vita. Fin da piccoli si relazionano con la tecnologia attraverso il gioco e, a volte, per prove ed errori costruiscono da soli i propri giochi senza consultare nessun manuale e senza nemmeno saper leggere, personalizzando la tecnologia secondo le proprie esigenze, come fanno con i Lego”. I nativi usano per lo più dispositivi touch e considerano i notebook scomodi e ingombranti. Del resto anche in alcune scuole si usano già i tablet ed esistono decine di migliaia di app rivolte direttamente alla prima infanzia. Non siamo ai livelli della Norvegia, dove la metà dei bambini tra i 3 e i 4 anni usa un tablet e il 25% uno smartphone, ma la percentuale di nativi schermodotati sta aumentando notevolmente anche da noi.
Valutiamo la maturità
Non abbiamo ancora risposto alla domanda se esista o meno un momento giusto per dotare i bambini di uno smartphone. Perché una risposta non c’è. Un altro grande esperto del tema bambini e tecnologia, Alberto Pellai (nella foto), sottolinea che “non esistono linee guida di pediatri o psicologi in questo senso; il momento più indicato è quello dell’inizio della scuola superiore: da quell’età i ragazzi e le ragazze sono capaci di essere autonomi nell’utilizzo e hanno anche sviluppato la capacità di proteggersi da una certa impulsività che potrebbe danneggiarli”.
Che “digital parent” sei?
L’età giusta, possiamo ragionevolmente dire, dipende dalla sensibilità dei genitori e dalla maturità dei figli. La ricercatrice Alexandra Samuel ha individuato tre categorie di approccio al digital parenting: ci sono i “digital enablers”, che pongono pochissime restrizioni su come i bambini usano i dispositivi; ci sono i “digital limiters” che cercano in modo attivo di limitare l’uso dei dispositivi da parte dei bambini; ci sono i “digital mentors”, che tentano attivamente di partecipare all’utilizzo dei dispositivi assieme ai figli.
Proibire a prescindere non è mai stata una strategia vincente, quindi il trucco sta nell’uso condiviso dello strumento. Alberto Pellai mette in guardia dai pericoli dell’uso di queste tecnologie (li conosciamo: contenuti inappropriati, bullismo, sexting e via dicendo) sottolineando l’importanza del ruolo del genitore come educatore, anche se papà e mamma non sono particolarmente ferrati in tema tecnologico.
Supervisione e buon esempio
Anche se non siamo dei maghi del computer, possiamo essere ottimi “digital mentors”. Il nostro compito sarà supervisionare, dare il buon esempio e soprattutto condividere l’uso degli strumenti. Possiamo chiedere come si usano le chat di WhatsApp e magari imparare alcune regole di base che i ragazzi conoscono benissimo e tanti genitori no (vietato l’off-topic, niente catene di sant’Antonio, distinguere sempre tra quel che è pubblico e quel che è privato).
Rispettiamo i loro confini: possiamo chiedere di avere accesso al loro cellulare, ma dobbiamo anche dare fiducia e non abusare dello strumento per soddisfare le nostre curiosità, mettendoli in difficoltà o in imbarazzo (avrà o no la fidanzata? Avrà dato il primo bacio?). Incoraggiamoli a diventare adulti che sanno come comportarsi online, in modo sano e responsabile. In ogni caso, sottolinea Pellai, la strategia migliore è sempre la stessa: parlare, parlare, parlare.
I servizi di protezione
Fiducia, quindi. Ma i rischi ci sono, e sono concreti: quindi è bene lasciare libertà ai propri figli ma in un ambiente protetto. Si possono usare, anche sui telefonini come sui pc, delle funzioni di parental control, per consentire l’accesso a contenuti e modi di utilizzo appropriati. Le funzioni di parental control consentono di scegliere le impostazioni che sono appropriate sia per un adolescente che per un bambino più piccolo. È possibile agire su differenti categorie di contenuti. Per esempio, i contenuti relativi a siti di appuntamenti, giochi d’azzardo, droghe, violenza o pornografia sono bloccati di default per i minorenni di qualunque età. È possibile anche porre dei limiti temporali all’uso degli strumenti, e anche dei “limiti temporali selettivi”: per esempio si può scegliere di consentire l’accesso a Instagram solo per un’ora al giorno e non porre alcun limite a siti utili per lo studio, come Wikipedia.
Kit per stare al sicuro
Anche se il 99% del tempo i ragazzi usano il telefonino per Internet, non sottovalutiamo il problema delle telefonate in entrata. Le chiamate di determinati numeri possono essere inserite in una blacklist e quindi bloccate in automatico, senza possibilità di lasciare un messaggio in segreteria. I genitori possono inoltre ottenere l’accesso alla lista di chiamate bloccate che sono state ricevute. Esistono anche funzioni di antifurto, che permettono di localizzare un telefono smarrito o rubato, oppure quelle app enormemente diffuse negli Stati Uniti che permettono al genitore di localizzare la posizione del figlio.
Quali sono gli strumenti che fanno tutto questo? Il primo da citare è Spazio Bimbi di Kiddoware, disponibile solo per Android (gratis), perché permette di limitare facilmente l’accesso allo smartphone o alle app, tramite PIN, creando profili personalizzabili. Altra app gratuita consigliata è Net Nanny (per iOS e Android). Molti produttori di smartphone (vedi, tra gli altri, Samsung che fornisce funzionalità come il blocco dello spegnimento del dispositivo) e quasi tutti gli operatori di telefonia includono servizi di sicurezza, che spesso gli utenti non usano semplicemente perché non sanno di averli. In altri casi esistono soluzioni ad hoc degli operatori come nel caso, per esempio, di Tim Protect (protect.tim.it): soluzione di sicurezza a tutto tondo offerta da Tim e sviluppata da F-Secure, che include, tra gli altri, anche un servizio di parental control. Vodafone, a sua volta, propone Smart Tutor, app che consente ai genitori di scegliere i numeri di dati con cui possono entrare in contatto i propri figli, selezionare insieme a loro le app più adatte, evitare che la prole abbia distrazioni nei momenti in cui deve concentrarsi, grazie alla possibilità di limitare le funzioni a una determinata fascia oraria e bloccare i contatti indesiderati.
Due libri da leggere
Se siete nella fase in cui i ragazzi cominciano a usare lo smarphone, procuratevi questi due libri: Paolo Ferri, “I nuovi bambini” (BUR, 2014) e “Tutto troppo presto” di Alberto Pellai (De Agostini, 2015). Quest’ultimo affronta anche un tema scottante e specifico: l’educazione sessuale dei ragazzi nell’era di smartphone e tablet. Dell’autore potete anche consultare il blog www.tuttotroppopresto.it.