Chief Content Officer: chi è e cosa fa?
I C-level, in azienda, sono quelli che contano, dal CEO in giù (per fare due esempi: CFO, il direttore amministrativo, o CMO, direttore marketing). La C, infatti, sta per chief=capo. Da qualche tempo negli Usa, molto meno da noi, si è diffuso il ruolo del CCO, a volte conosciuto come Chief Content Officer (qui trovi una intera rivista dedicata al ruolo), altre come Chief Communication Officer. Ma chi è e, soprattutto, che cosa fa?
Perché serve un CCO?
Nel rapporto intitolato The New CCO si spiega come la definizione di questa nuova figura sia la conseguenza di tre fenomeni recenti:
- la destinazione delle risorse disponibili appare sempre più orientata al coinvolgimento diretto degli stakeholder in un dialogo su questioni e contenuti di specifico interesse dell’organizzazione, anche se spesso di impatto più allargato (+30% negli ultimi 5 anni);
- con sempre maggiore intensità il CCO si trova a lavorare in stretto contatto con altre funzioni direttive dell’impresa, assumendo co-responsabilità con il CIO, il CMO, CFO, CRO e via dicendo, su questioni come la diversità, la cultura organizzativa, il marketing, la promozione e la creazione di sistemi digitali;
- la sfida del coinvolgimento continuativo degli stakeholder richiede al CCO esperienza nel progettare, produrre, alimentare piattaforme e spazi di dialogo e coinvolgimento con gli altri (reali e digitali); nonché nozioni avanzate di strategia digitale e capacità di analisi dei comportamenti e delle dinamiche culturali.
Che cosa fa un CCO?
Il CCO è il responsabile dei contenuti. Che cosa fa? Questa nuova figura, una delle più promettenti per il futuro, deve fornire le linee guida editoriali, assicurandosi che i contenuti mantengano coerenza e significato nel mix di formati e canali attraverso i quali sono veicolati (PR, social media, search).
La job description di questo ruolo prevede questi oneri:
- controllare che tutti i contenuti siano di qualità e coerenti con il brand (corporate identity, storytelling e tone of voice);
- creare una content strategy (piano editoriale) e verificare che sia compatibile con le attività di marketing tradizionali;
- supervisionare i creatori di contenuti (stabilendo precisi workflow);
- verificare usabilità ed efficacia dei contenuti su tutte le piattaforme (omnicanalità);
- analizzare l’efficacia delle campagne (reportistica);
Queste invece le skill richieste: linguistiche, creazione di contenuti (non solo testuali) e gestionali/manageriali.
Il futuro del CCO
Mike Buckley, ex Facebook, spiega in questo breve video qual è il futuro di questo ruolo (interessanti il riferimento alla crescente importanza dei dati, all’internazionalizzazione e agli stakeholder):
Il percorso di formazione
La formazione di una figura così strategica richiede un percorso articolato con l’approfondimento di diverse discipline legate al mondo del digitale a 360 gradi. Queste le materie di un eventuale master:
- Digital marketing e inbound marketing
- Online advertising
- SEO e Web writing
- Produzione multimediale
- Event marketing
- Social media marketing
- Social media customer service
- Online reputation management
- Data analysis
- Diritto della Rete
- Team leadership
- Public speaking e comunicazione aziendale
Un esempio italiano
Esistono diversi professionisti italiani che, su LinkedIn, usano l’espressione “Chief Communication Officer” nella headline. È il caso, per esempio, di Giorgia Camandona, CCO di Italiaonline. Nel suo profilo si legge:
“A diretto riporto dell’Amministatore Delegato, ha la responsabilità della funzione Corporate Image and Communication, con il compito di assicurare per il Gruppo le attività di comunicazione esterna, interna, istituzionale e dei brand, lo sviluppo della Intranet, i rapporti con i media, la pianificazione media e la gestione degli eventi.”