Content curation: che cos’è e come funziona il modello hub & spoke
Nell’era del sovraccarico informativo, detto anche overload o infobesità, nessuno ha il tempo di leggere tutti gli articoli che appaiono online. Per questo ci si affida alla cosiddetta content curation.
La metafora, di derivazione museale, è chiara: in una mostra spesso è più importante il curatore rispetto all’artista. Quantomeno ha più potere. In ambito musicale un esempio è quello del DJ. In ambito editoriale, invece, nel libro “Curation nation”, che consiglio, si parla abbondantemente del Reader’s Digest. La rivista fu fondata nel 1922 dai coniugi Wallace: ebbero l’idea di raccogliere i migliori articoli su vari argomenti pubblicati da riviste statunitensi, riassumendoli e, a volte, riscrivendoli, per creare una rivista destinata alle famiglie.
Il content curator, nel mondo dei social, si occupa di fare da filtro tra tutti i contenuti pubblicati su un argomento per i propri follower. Faccio un esempio: ti occupi di web design ma esce una nuova legge sui cookie; mentre non avresti alcun problema a scrivere dei tuoi temi, forse è meglio che peschi un contributo legale da una testata online specializzata in diritto del Web. Certo: l’apoteosi sarebbe intervistare un legale, ma la content curation serve proprio perché non sempre si hanno tempo e competenze per produrre contributi originali.
Chiaramente vi deve essere del valore aggiunto: non trasformare il profilo LinkedIn in una discarica di link. Ogni contributo dovrebbe essere accompagnato da una frase, un commento, che dimostri perché è stato scelto quel “contributo esterno” e perché dovrebbe interessare a chi ti segue (non a te, a loro!).
Personalmente preferisco una content curator col trucco. Sono un seguace del modello di content marketing denominato “hub & spoke”: mozzo e raggiera. Anche qui la metafora, di derivazione ciclistica, è semplice: in una ruota puoi togliere qualche raggio, e funziona lo stesso; non puoi invece togliere il mozzo, il perno centrale.
Nel Web funziona così. Il mozzo è il sito Web con il suo blog, perché è sul sito che si devono compiere le azioni dei visitatori: comprare, iscriversi a una newsletter, scriverti e così via. I raggi, invece, sono i vari canali che permettono di irradiare i contenuti pescati dalla repositoty del sito, o meglio del blog: Facebook, YouTube, Twitter, Instagram per i social; ma anche newsletter, campagne AdWords o strumenti meno tecnologici per il Web. Questi raggi devono catturare l’attenzione dei visitatori sul contenuto, per poi rimandarli al sito.
Se al centro c’è sempre il sito, va da sé che il sito deve essere il tuo. Se fai content curation inserendo sui social un link esterno, stai facendo traffico a un sito altrui. Ecco il trucco: scrivi un breve articolo sul tuo sito, dove ovviamente non copi ma rielabori il testo, e soprattutto linki il pezzo originale. In questo modo il traffico finisce sul tuo sito.
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