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“Il social selling non è vendere le polizze sui social”: la mia intervista per Parliamo di Assicurazioni

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Da qualche tempo collaboro con Parliamo di assicurazioni, blog di educazione assicurativa e pianificazione finanziaria: ho scritto degli articoli sul metodo LinkedIn10C per gli assicuratori e tenuto corsi sul social selling per assicuratori. Pietro Cantù Rajnoldi mi ha recentemente intervistato sul tema #SocialSelling.

Trovi l’intervista su YouTube:

Recentemente, con Parliamo di Assicurazioni e la società Atoma, abbiamo anche lanciato il primo corso su LinkedIn e social selling per assicuratori con crediti IVASS. Per info fai clic qui:

Social selling per assicuratori: il primo corso online con crediti IVASS

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Un paio di anni fa arrivarono in massa su LinkedIn gli assicuratori. E mi assalirono, piovevano proposte di polizze e check-up dei rischi da tutte le parti. Decisi di girare un video per farli smettere:

Poi il caso volle che iniziassi a lavorare per delle compagnie di assicurazioni: qualche corso sull’uso strategico di LinkedIn o sul content marketing, una consulenza grossa sulla digital reputation, poi sempre più training sul social selling:

Nel frattempo ho iniziato la mia collaborazione con il blog Parliamo di assicurazioni. Abbiamo organizzato diversi corsi, su Milano e Bologna, con crediti IVASS, grazie alla partnership con Atoma. Da qui è nata l’idea di realizzare il primo corso on demand di social selling per assicuratori. Questi i temi dei video:

  • Definizione di social selling per assicuratori
  • Uso strategico di LinkedIn
  • Il posizionamento online
  • Cambiare la comunicazione autoreferenziale in contenuti utili

Qui un video girato dopo un corso a Bologna:

In “Social selling per assicuratori” vedrai come utilizzare LinkedIn per aumentare la tua rete di contatti e farti riconoscere come consulente assicurativo autorevole. Il corso è articolato in 10 video-lezioni (per la durata di un paio d’ore circa) e 15 esercitazioni e permette di ottenere la certificazione di 2 ore di formazione valide ai fini IVASS.

Puoi trovare il corso a 49 euro + IVA a questo indirizzo oppure facendo clic sul banner qui sotto:

[Corso on demand] 7 videolezioni di LinkedIn Sales Navigator

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Ho realizzato il mio videocorso di LinkedIn Sales Navigator: non è la registrazione di un webinar, bensì di un corso pensato, registrato e montato per l’e-learning, la formazione a distanza.

Perché un corso sul Sales Navigator?

Se LinkedIn è la piattaforma ideale per fare social selling, LinkedIn Sales Navigator è lo strumento (Premium) più indicato per passare dalla teoria alla pratica. Il corso è pensato per accompagnare lo studente in un percorso fatto di concetti e, soprattutto, pratica, grazie a dei videotutorial, passo a passo per imparare ad attivare (gratis), usare e ottimizzare l’uso dello strumento.

La struttura del corso sul Sales Navigator

Sono previste 7 videolezioni:

  1. Introduzione al corso e al Sales Navigator 
  2. Tutto quello che devi sapere su LinkedIn Sales Navigator
  3. Come attivare la prova gratuita di un mese (videotutorial)
  4. La procedura di configurazione iniziale (videotutorial)
  5. Come trovare le lead (videotutorial)
  6. Tattiche di ricerca avanzate (videotutorial)
  7. Che cosa sono e come usare le InMail

Il corso ha una durata totale di 80 minuti; è previsto anche un test finale.

Come acquistarlo?

Direttamente qui:

LinkedIn: quattro azioni per migliorare subito il tuo social selling [articolo per Agenda Digitale]

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[Questo articolo è stato pubblicato su Agenda Digitale il 6 febbraio 2020]

Il Social Selling Index (SSI) misura l’efficacia a stabilire il tuo brand professionale, trovare le persone giuste, interagire con informazioni rilevanti e costruire relazioni. Ecco quattro operazioni da mettere in campo subito per migliorarne i parametri

LinkedIn è il social network ideale per fare social selling. Peccato che molti fraintendano: pensano che fare social selling significhi vendere con i social. Sbagliato: al limite quello sarebbe “social commerce”. Che cos’è davvero il social selling lo dice LinkedIn, grazie al social selling index.

Che cos’è il social selling index?

“Il Social Selling Index (SSI) misura l’efficacia a stabilire il tuo brand professionale, trovare le persone giuste, interagire con informazioni rilevanti e costruire relazioni”: parola di LinkedIn.

L’indice SSI – brillante esempio di gamification – viene calcolato automaticamente (e quotidianamente) da LinkedIn stesso. Il problema è che questo valore, espresso in centesimi, non si trova tra le opzioni del social, né della app: per scoprirlo occorre fare clic su questo link (e bisogna essere “loggati” al proprio profilo LinkedIn): social selling index.

D:DropboxVideoAgosto 2019socialsellingindex.jpg

Che cosa calcola il social selling index?

Il valore, espresso in centesimi, del social selling index prende in considerazione quattro parametri:

  • Creare il brand professionale
  • Trovare le persone giuste
  • Interagire con informazioni rilevanti
  • Costruire relazioni

LinkedIn mostra anche il social selling index medio della tua rete e del tuo settore.

Tutto molto interessante, ma in pratica? Ecco quattro operazioni che puoi mettere in campo subito per migliorare questi quattro parametri, e quindi il tuo social selling.

Creare il brand professionale

Per lavorare sul proprio personal branding su LinkedIn, a mio avviso, occorre metodo. Per questo, e scusa il gioco di parole, ne ho creato uno: il metodo LinkedIn10C:

https://www.gianluigibonanomi.com/wp-content/uploads/2019/02/metodo_linkedin10c_gianluigi_bonanomi-1030x581.jpg

Detto in poche parole, le prime quattro C servono per definire la tua mission. Dopo aver posto attenzione sul chi sei, e qui è fondamentale una buona foto, ci si concentra su questa formula:

Cosa fai + per chi lo fai + come lo fai

Per esempio, nel mio caso, “aiuto aziende e professionisti a migliorare il proprio posizionamento su LinkedIn grazie a workshop che sfruttano il metodo originale LinkedIn10C”. In questo caso c’è il cosa faccio (workshop), il target (aziende e professionisti, in alcuni casi sono più specifico) e l’elemento differenziante (il metodo LinkedIn10C). Completano il metodo la C delle chiavi di ricerca (ossia un’ottimizzazione SEO del profilo) e le C che danno sostanza e autorevolezza al profilo: dalle skill alle conferme (segnalazioni), dai casi di successo (i Progetti) a numeri e fatti che danno concretezza. L’ultima C riguarda i contenuti, ma ne parlo dopo.

Azione 1: completa il tuo profilo LinkedIn in ogni sua parte

Trovare le persone giuste

LinkedIn è un social media, perché può essere usato come strumento di comunicazione, ma è soprattutto un social network: strumento per costruire relazioni, connessioni, opportunità a partire dai legami sociali. La seconda voce del social selling index indica proprio questo: la capacità di cercare le persone giuste e di entrare in collegamento con loro. Sono fattori di ranking il numero di collegamenti e la percentuale di accettazione delle richieste: se mandi 100 inviti e non ti risponde nessuno, LinkedIn ti penalizza.

Azione 2: amplia la tua rete LinkedIn con collegamenti in target.

Interagire con informazioni rilevanti

Qui c’è la decima C, forse la più importante, del metodo LinkedIn10C. Occorre pubblicare, post e articoli: generare interesse perché è così che si generano opportunità sui social. Da questo punto di vista è importante avere una strategia, anche i singoli – non solo le aziende – dovrebbero avere un piano editoriale e pubblicare regolarmente.

Azione 3: pubblica post e articoli con regolarità

Costruire relazioni

Cercare le persone giuste non basta. Che senso ha avere una rete da 10.000 contatti se non conosci e non interagisci con nessuno? Devi fare rete e generare interesse: visualizzazioni del profilo e giorni di attività costituiscono fattori di ranking importanti.

Azione 4: trasforma i contatti in relazioni.

Come chiosa dell’ultima voce vorrei anche lanciare un messaggio chiaro: il vero networking, a mio parere, non si fa su LinkedIn. Questo è solo un (ottimo) acceleratore, ma serve altro. Serve che i contatti virtuali diventino legami reali, serve incontrarsi di persona, trovarsi per un pranzo o un caffè, vedersi agli eventi (non a casa LinkedIn ultimamente ha lanciato la possibilità di creare, gestire e promuovere gli eventi). Segnalo la nascita del network LunchIn, utile per incontrare di persona gli iscritti a LinkedIn nella propria zona.

Per informazioni sui miei corsi sull’uso strategico di LinkedIn, scrivimi!

Il webinar de L’Eco della Stampa su LinkedIn e social selling

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L’Eco della Stampa, nel 2019, ha prodotto tantissimi contenuti: articoli, video, audio ed eventi. Sono ben 31 i comunicatori che hanno aiutato, raccontando le loro esperienze e soprattutto svelandoci la loro visione del futuro. Tra questi ho avuto l’onore di esserci anche io.

Guarda qui un estratto:

“Content marketing e social selling per assicutatori”: la testimonianza di Roberto Muzzi

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Sabato 26 ottobre 2019 si è tenuto a Bologna il primo corso “Content marketing e social selling per assicutatori” (con crediti IVASS) con questo programma:

8.45 – 9.00 Registrazione dei partecipanti
9.00 – 9.30 Presentazione del relatore e degli obiettivi del corso
9.30 – 11.00 Social selling: dalla definizione di social selling a come aumentare il social selling index
11.00 – 11.30 Question Time & Coffe Break
11.30 – 13.00 Ottimizzazione del profilo in ottica social selling con il metodo LinkedIn10C
13.00 – 14.00 Pausa pranzo libera
14.00 – 16.00 Inbound marketing: come e cosa pubblicare su LinkedIn, tecniche di persuasione
(i 6 principi di Cialdini su LinkedIn)
16.00 – 16.30 Question Time & Coffee Break
16.30 – 18.30 Fare social selling con LinkedIn Sales Navigator: teoria e pratica

Per maggiori info visita il sito di Parliamo di assicurazioni.

Questa è la testimonianza di Roberto Muzzi, esperto di risk management, al termine del corso:

Social selling: la mia intervista per L’Eco della Stampa

In questo estratto della puntata della rubrica #ECOFFEE del 10 settembre 2019, l’Eco della Stampa mi ha intervistato sul tema del #socialselling.

Per info e per vedere l’intervista completa: https://bit.ly/MIArena

Social selling: che cos’è davvero? Intervista a Davide Marasco

Davide Marasco è l’amministratore delegato di EffettoDomino, agenzia di inbound marketing tra le più quotate in Italia, gold partner di Hubspot (qui sotto una foto del team). Ho fatto una chiacchierata con Davide per chiedergli che cosa si intende per social selling e come lo si può fare nel nostro Paese.

Davide, iniziamo con una definizione di social selling?

Sì: per social selling si intende l’attività che i commerciali possono mettere in campo per entrare in contatto con potenziali prospect, utilizzando i social.

Se dici social, c’entreranno anche i social media manager… (Cioè tutti: chi non è un “social media coso”, ai giorni nostri?)

Eh no, è non si parla, come molti credono, di un’attività di marketing. Riguarda esclusivamente i commerciali.

Che cosa intendi?

Parto dal problema: secondo le statistiche il 90% dei buyer si aspetta una modalità innovativa per essere contattato e più del 60% di questi usa i social come parte fondamentale del processo decisionale per acquistare beni e servizi. Va detto, inoltre, che un tempo il buyer aveva bisogno del commerciale che gli illustrasse il prodotto, le sue caratteristiche; ora, con Internet, dato che il 70% del processo decisionale è online (parola di Google), quella funzione del commerciale è depotenziata. Ne possiamo trarre due assunti.

Quali?

Primo: il potete della trattativa si è spostato dal commerciale al buyer, che ora ha più “potere” di dieci anni fa. Secondo: se il commerciale non riesce ad aggiungere un valore aggiunto rispetto alle informazioni che il buyer trova sul Web, che ci sta a fare?

Quindi il commerciale è spacciato?

No. Deve trasformare la vendita in un processo consulenziale, ascoltare il problema e dare delle soluzioni utili.

Fammi capire bene: il commerciale smette di vendere e che cosa fa?

Non smette di vendere, lo fa in modo diverso. Diventa un esperto del suo settore, talmente sul pezzo che è in grado di modellare il suo processo di vendita sul processo di acquisto del cliente.

E questo processo del cliente è noto?

Certo: si parla di buyer journey, che consta di tre fasi: problema-soluzione-decisione. Il commerciale deve capire a che punto è il cliente e agire di conseguenza.

Puoi fare un esempio?

Pensiamo al cliente che ha un problema: deve spostarsi per andare al lavoro, che mezzo usa? Ci sono diverse soluzioni: bicicletta, automobile, motorino, metro, bus ecc. Una volta che ha deciso di usare l’auto, quale modello vuole: Fiat o Renault?

Quindi?

Quindi se il cliente non ha ancora il mezzo di trasporto è inutile che il commerciale gli illustri le caratteristiche di una Punto. Deve invece dare il contenuto giusto in base al punto del “viaggio” dove si trova il cliente. Se me la passi, il commerciale è come il medico…

Basta una mela per toglierselo di torno? (Scherzo, eh)

Il paziente va dal medico e vede appesi alle parete il certificato di laurea, il master, le specializzazioni: si fida, perché trova la prova della sua autorevolezza. Solo allora gli spiega qual è il suo male e il medico gli dà la pillola giusta.

Questa sarebbe una intervista sul social selling e su LinkedIn…

LinkedIn è come uno studio medico pieno di attestati che lo rendono autorevole. Il profilo dimostra che il commerciale è autorevole, può consigliare il cliente perché è un esperto del settore. Quindi per prima cosa il profilo LinkedIn di chi vuole fare social selling è lo strumento chiave per fare personal branding. Bisogna puntare tutto sulla crescita professionale del commerciale, che deve investire su se stesso.

In pratica che cosa bisogna farsene del profilo?

Non solo ottimizzarlo per evitare figuracce, ma anche riempirlo di contenuti, alimentarlo continuamente.

Poi?

A questo punto occorre puntare tutto sul network. Che tra l’altro diventa un asset fondamentale per un commerciale che vuole anche cambiare lavoro e si porta appresso migliaia di contatti profilati. Per questo non c’è strumento più adatto di Linkedin.

Ricapitolando: prima personal branding, poi networking, quindi?

Terzo step: interagire con potenziali prospect. Uno dei capisaldi di questo metodo è quello di lavorare sui buyer attivi, non su quelli passivi.

E chi sarebbe un buyer attivo? Sembra il nome di un ricostituente…

Il buyer attivo è quello che ha già iniziato il buyer jouney di cui parlavamo prima: ha cercato informazioni online, dà segnali di che cosa vuole. Avverte il problema, deve risolverlo. Non bisogna perdere tempo su chi ancora non avverte il problema. Se non ti fa male il ginocchio inutile che ti proponga degli antidolorifici.

Ma come intercetti il buyer attivo?

Con il metodo Hubspot, e quindi con l’inbound: sono i buyer a palesarsi; per esempio scaricano un contenuto che interessa loro e lasciano un contatto. Grazie a strumenti dedicati sappiamo chi fa cosa, dove fa clic.

Anche su LinkedIn?

Certo: se hai pubblicato un articolo in un gruppo e il buyer lo legge, lo consiglia, lo commenta… che cosa ti sta dicendo? Oppure possiamo vedere chi sta seguendo, che cosa legge, che cosa gli interessa: basta usare strumenti come il Sales Navigator.

Ecco, il Navigator: lo consigli?

Beh, è un ottimo modo per trasformare LinkedIn in un enorme CRM con una decina di milioni di contatti profilati italiani e un ottimo modo, anche se non l’unico, per identificare i buyer attivi.

A un certo punto, visto che parliamo di commerciali, c’è una fase di trattativa?

Qui entra in gioco l’arte commerciale, una questione personale, anche di stile se vogliamo. Io posso solo suggerire delle tattiche.

Quali?

Per esempio suggerisco l’approccio consulenziale: stai cercando delle informazioni su un tema? Ti consiglio un eBook che può chiarirti le idee.

Ogni settimana un assicuratore mi chiede il contatto e, la prima cosa che fa, è propormi un check-up previdenziale. Mi pare il contrario di quanto dici…

Già: è come le vecchie telefonate a freddo, morte. LinkedIn non è un social media come gli altri: la metafora giusta è quella dell’evento, dove un commerciale non va da un prospect a propinargli il suo prodotto, ma cerca di costruire una relazione.

Svelami altri trucchi del mestiere. Un’altra tattica?

Ritorno al discorso del buyer journey. Se qualcuno su un gruppo chiede delle informazioni su un prodotto, è già alla fine del suo viaggio e quindi posso agganciarlo per raccontargli le caratteristiche del mio prodotto, non prima.

Scusa, ma la gente non si sente stalkerata?

No, di solito il cliente apprezza il fatto che tu, prima di interagire, ti sei informato, ti sei interessato a lui, di fatto poi gli risolvi un problema.

Un’ultima tattica?

Puntare sulle referenze, sui contatti in comune. In pratica sulla cosiddetta “warm introduction”: spesso, quando si parla di aziende grandi. Capita molto spesso di scoprire che il prospect con cui cercavi di entrare in contatto da mesi è amico del tuo collega della porta accanto.

Bene, che altro si può fare su LinkedIn in ottica social selling?

Uscire da LinkedIn. Una volta costruita la relazione, bisogna usare altri mezzi: la mail, una telefonata, l’incontro di persona. In questo ordine. Se non ho un appuntamento, cerco di telefonare, al limite inizio con un messaggio di posta elettronica. Del resto con LinkedIn non spedisci i contratti.

Cialdini su LinkedIn: intervista ad Ale Agostini

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Parlando di “personal social selling”, usare LinkedIn per trovare clienti, e di principi di vendita, va da sé il nome obbligatorio da citare è quello di Cialdini (uno dei 10+ libri che mi hanno cambiato la vita). Robert Cialdini, psicologo e docente di marketing americano, è diventato famoso in tutto il mondo per aver teorizzato i principi della persuasione. Che sono sei. Come declinarli in ottica Linkedin e “personal social selling”, ce lo spiega Ale Agostini (visita il suo sito) nel suo “Fai carriera con LinkedIn” (Hoepli).

  1. Reciprocità. Se regali qualcosa a qualcuno, si sentirà in obbligo. Su LinkedIn, se segnali qualcuno o confermi le sue competenze, sarà portato a fare altrettanto.
  2. Scarsità. C’è una legge di mercato immutabile: se un bene è scarso, vale di più. Ecco perché Amazon ti segnala che ci sono pochi esemplari di un prodotto, per invogliarti ad accaparrartelo. Per non dire di Booking, che ti dice quante persone stanno guardando la stessa camera di hotel, in tempo reale. Su LinkedIn potresti invitare un tuo follower a entrare in un circolo esclusivo, in un gruppo segreto e così via.
  3. Autorità. Tutti subiamo il fascino della divista, no? In che senso si può declinare l’autorità nel mondo social? Basti pensare agli influencer. Senza arrivare a tanto (tanto?) puoi renderti autorevole così: grazie ai contenuti, ai post che pubblichi grazie agli aggiornamenti di stato o, meglio, grazie agli articoli (ex Pulse).
  4. Coerenza. Disagio ad abbandonare qualcosa a metà. Se ti impegni, sei spinto a completare il compito. Su LinkedIn devi attivare un ingaggio: fai scaricare delle slide da Slideshare (proprietà di LinkedIn) e poi contatta la persona che ha mostrato interesse per il tuo lavoro.
  5. Piacere. Influenzi qualcuno se gli piaci, se si sente simile a te. Su LinkedIn puoi enfatizzare le attività che possono piacere, eventualmente anche prese di posizione nette che disturberanno qualcuno ma piaceranno a qualcun altro (non si può, anzi non si deve piacere a tutti: questa frase pare sia di Franca Sozzani, direttrice di Vogue).
  6. Consenso sociale. Perché gli spot televisivi ti dicono che nove dentisti su 10 raccomandano quel dentifricio? Perché i siti Web sottolineano il fatto che già tot persone li seguono sui social, mettendo in evidenza anche i volti dei tuoi amici? Perché siamo delle bestie (chi più, chi meno): scherzi a parte, siamo “animali sociali” che si sentono a proprio agio in branco e in pericolo da soli. Ecco perché funziona TripAdvisor, nonostante tutti sappiano che molte recensioni sono false o fatte da persone cui non rivolgeremmo la parola nemmeno per sbaglio, figuriamoci se ci dessero dei consigli. Ecco perché, tra parentesi, devi avere tante segnalazioni e conferme di competenze.

Per approfondire il tema del social selling e della persuasione online, ho contattato proprio Ale Agostini. Gli ho fatto tre domande, ecco le sue risposte.

Il social selling su LinkedIn è spesso frainteso. Ogni settimana mi contatta un assicuratore che, un minuto dopo aver ricevuto il mio benestare al collegamento, cerca di piazzarmi una polizza. È questa la vendita su LinkedIn?

Quello che descrivi tu è la trasposizione del telemarketing su un altro medium più nuovo: LinkedIn. L’assicuratore che usa queste tecniche di vendita stile anni Ottanta è meglio che stia fuori da LinkedIn. In ogni caso questa tipologia di approccio di vendita ha i giorni contati.

Uno dei limiti dei social è probabilmente anche il suo maggior punto di forza: uno strumento così versatile è anche fraintendibile? Come conciliare la necessità di fare networking con quella di trovare contatti “buoni” per vendere o vendersi, tra il personal branding e il content marketing per l’azienda?

A mio parere occorre partire dalla costruzione di relazioni con persone professionalmente interessanti. Questo prende un po’ di tempo; non ci sono soluzioni di marketing automation che portano risultati nel brevissimo termine. E forzare troppo nella vendita uccide l’opportunità di creare relazioni di valore.

Terza e ultima domanda (la più interessante, credo): come trovi tu clienti con LinkedIn?

L’azienda di cui sono partner, la Bruce Clay, si occupa di fornire servizi di posizionamento su Google, Web Analytics e social media marketing; la scelta di un fornitore specializzato in questi ambiti molto competitivi si costruisce nel tempo. Inoltre i miei servizi, altamente specializzati, sono solo per poche grandi realtà quindi nella mia scala di priorità uso LinkedIn come personal branding legato alle attività professionali che faccio.

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Come si sistema il profilo LinkedIn in ottica social selling: l’intervista a Fabio De Vita

Se c’è un punto di riferimento in Italia per quanto riguarda la formazione su LinkedIn e social selling, quello è certamente Fabio De Vita. Ho contatto il fondatore del Social Selling Institute per farmi dare qualche dritta sull’uso di LinkedIn per vendere e, perdonate il termine, “vendersi”.

Fabio, quali sono i trucchi per gestire al meglio il profilo LinkedIn in ottica social selling?

Gianluigi, lasciamo trucchi, trucchetti e scorciatoie ai “maghi” e mettiamoci in testa che dobbiamo lavorare sodo e metterci in gioco, lavorando al nostro profilo personale LinkedIn in maniera autentica, per arrivare al cuore delle persone.

Che cosa intendi?

Hai presente Simon Sinek e il suo video “Il Cerchio magico”, disponibile anche su Youtube? Parla di quanto è importante partire dai nostri “perché”, per poi  condividere la nostra ”vision” e “mission”. Perché un cliente dovrebbe acquistare un nostro prodotto e servizio invece di quello della concorrenza?  Quali sono i valori che mi muovono e mi fanno alzare ogni mattina per mettermi al lavoro e fare quello che faccio?

Sinek ce l’ho: gli ho dedicato un paragrafo in questo libro. Torniamo a noi: in concreto, quindi, che cosa occorre fare?

In concreto devi definire degli obiettivi, una strategia, un piano d’azione e delle politiche di controllo dei risultati definendo dei KPI (Performance Key Indicator, ndr) quindi degli indicatori da monitorare per capire lo stato di andamento delle attività su LinkedIn, ovviamente collegati agli obiettivi iniziali.
Parlare in prima persona ed essere autentici rafforza la nostra immagine online e in presenza. Cosa mi rende unico e mi differenzia dagli altri? Dietro alla frase “Ti pensavo diverso” c’è qualcosa che non funziona, come le foto profilo di alcuni personaggi  che, quando incontri di persona o vedi in qualche video, fatichi a riconoscere.

Stai parlando di USP, quella che in marketing si chiama “unique selling proposition” e che in italiano suona come “argomentazione esclusiva di vendita”?

Si, esattamente. La mia USP deve essere già resa esplicita e chiara fin dal principio, direttamente nel sommario/headline, insieme alla mia competenza chiave.

Tutto chiaro. Passiamo alla parte operativa. Come si mette mano al profilo LinkedIn?

Foto profilo, sommario/headline, foto copertina della pagina (le immagini comunicano più delle parole), riepilogo (ponendo attenzione alle prime due righe) sono i primi elementi che vanno curati.

La foto deve essere professionale, corretto?

Sì, una foto professionale il più possibile rappresentativa di me stesso e del mio modo di essere. Attenti ai fotoritocchi, perché la foto serve a essere riconosciuti quando ci si incontra di persona. Per cui rivolgiamoci preferibilmente a un fotografo professionista.

E il riepilogo?

Il riepilogo è fondamentale, è la sezione più letta del profilo. LinkedIn rende disponibili 2.000 caratteri: non facciamo i pigri e usiamoli tutti, quando è possibile.

Che cosa bisogna mettere nel riepilogo?

Il riepilogo va scritto per il nostro cliente tipo. Si parte dall’analisi dei miei migliori clienti e dalle caratteristiche del mio cliente ideale. Stiamo scrivendo per lui e non per noi stessi. Quindi, in due righe –  quelle che si vedono quando una persona atterra sul mio profilo – cerchiamo di sintetizzare come posso essere utile, per poi aggiungere dei dettagli, usando la tecnica di comunicazione a cipolla.

 Comunicazione a cipolla?

Si, proprio comunicazione a cipolla, partendo dal nucleo e poi, via via, arricchendo il concetto iniziale di dettagli e sfumature. Devo renderlo sempre più interessante, chiaro e completo, paragrafo dopo paragrafo. E’ una tecnica usata dagli esperti di comunicazione che imparai a suo tempo in un corso tenuto da Silvia Borsani. Cerchiamo di avvicinare gli interessati – e interessanti – e allontanare gli altri.

Il gioco è chiaro: richiama la piramide rovesciata della scrittura Web. Ma concentriamoci sul target: sarebbero tuoi potenziali clienti ideali?

Target è un termine che non mi piace. Preferisco il termine “pubblico di riferimento”, coniato da Paolo Iabichino, che rende meglio l’idea quando cerco di comunicare qualcosa agli altri soprattutto sui social. Avere la consapevolezza delle persone che cerco e a cui mi rivolgo mi permette di accelerare i tempi di vendita creando più velocemente un rapporto di fiducia. Saper poi coinvolgere il cliente e farlo diventare nostro ambasciatore attraverso il racconto della sua esperienza ha un valore inestimabile.

E per quanto riguarda le esperienze lavorative?

Mi aspetterei più attenzione e cura. Si parla tanto di valorizzazione del proprio “marchio” e di personal branding, poi si vedono profili mal curati; esperienze lavorative descritte per sommi capi; il ruolo aziendale a fianco di un quadratino grigio: vuol dire che l’azienda non ha una pagina; un’esperienza lavorativa senza una breve descrizione dell’azienda, del contesto in cui si opera, dei mercati e clienti a cui ci si rivolge, del ruolo che si svolge e dei risultati raggiunti. Suggerisco anche di usare i “progetti”, sezione abbinata alle esperienze lavorative,  per parlare di prodotti e servizi verticali o raccontare di casi di successo aziendali. Indispensabile per ogni esperienza lavorativa delle testimonianze del proprio valore da parte di clienti, fornitori, partner e colleghi. Ma evitiamo di essere autoreferenziali, mi raccomando.

Invece come vedi gli hobby?

Secondo me non bisogna avere paura di esprimere le proprie passioni.

Anche se non c’entrano nulla con il lavoro?

Un attimo, faccio un esempio: conosco un consulente finanziario che fa anche il velista, lo skipper; fa regate, lavora per armatori. I suoi migliori clienti da consulente sono proprio le persone che ha conosciuto in ambito velico, che erano parte del suo equipaggio e che in qualche modo gli avevano messo in mano la loro vita. Da lì a mettergli in mano anche i loro soldi il passo è breve.

Altre tre dritte?

Riepilogando quanto già detto: avere almeno tre segnalazioni per l’ultima esperienza lavorativa, inserire cinque competenze chiave che identificano la mia attività e professionalità, rendere disponibili le mie fonti informative attraverso la pubblicazione di post in cui, oltre al link alla fonte, do la mia opinione personale e domando al mio network che cosa ne pensa. Poi controllo i risultati e mi dedico ad approfondire la conoscenza con le persone che hanno mostrato interesse per quello che ho pubblicato.

Interessante, come li contatti tu?

Beh, a seconda di come si espone l’utente nei miei confronti, faccio un’azione diversa. Se ha visualizzato l’articolo o l’aggiornamento, non ci posso fare nulla. Ma se ha messo il Consiglia, lo ringrazio con un messaggio privato, magari gli chiedo anche che cosa ha trovato di interessante nel mio articolo.
Se usa il Condividi, invece, è un’azione migliore del Consiglia. Quest’ultima azione costa di meno e vale anche di meno. Invece se condivide sta dicendo: ho trovato talmente interessante quello che hai scritto che voglio che lo legga anche la mia rete e, in qualche modo, lo faccio mio. Si mette in gioco per te: ti apre il suo mondo, magari anche in modo inconsapevole.
Se invece pubblica un commento, invece, consiglio il commento e gli rispondo pubblicamente, quindi lo aggancio in privato.

Bene, grazie per queste dritte…

Aspetta, ne ho un’ultima: stavolta scomoda. Vorrei suggerire a chi si fa fare il profilo da altri di stare attenti, perché si vede lontano un miglio. Rischi, anzi, di indispettire chi ti conosce, perché non trova coerenza tra chi sei e come appari!

Insomma, la morale è che su LinkedIn bisogna essere autentici, ma soprattutto propositivi e sfruttare ogni singola possibilità.

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